Dopo le polemiche suscitate da certe sue improvvide dichiarazioni in quel di Tokyo, Monti scrive una lettera al Corriere per stemperare i toni. L’esordio è un classico della retorica politica degli ultimi vent’anni ogni volta che l’esternatore di turno ritiene di fare marcia indietro:
“…vedo solo ora che alcune considerazioni da me fatte in una conferenza tenuta l’altro ieri a Tokyo presso il giornale Nikkei hanno suscitato vive reazioni in Italia. Ne sono molto rammaricato, tanto più che quelle considerazioni, espresse nel corso di un lungo intervento in inglese, avevano l’obiettivo opposto a quello che, fuori dal contesto, è stato loro attribuito”. In breve: sono stato frainteso. Berlusconi, un maestro in queste piroette, non avrebbe saputo fare di meglio.
La lettera prosegue spiegando lo scopo della missione, un road-show in Cina, Giappone e Corea per spiegare agli investitori di quei paesi quanto appetibile è diventata l’Italia. Lascio a chi ne ha voglia il piacere di leggere il resto, qui però volevo segnalare un passaggio che mi ha colpito:
”Comincia a diffondersi l’apprezzamento per ciò che il nostro Paese ha saputo fare in pochi mesi in termini di riduzione del disavanzo, riforma delle pensioni, liberalizzazioni (sic).
Ma restano una riserva, una percezione errata, un forte dubbio. La riserva, comprensibile, riguarda il mercato del lavoro. Con quali tempi il Parlamento approverà la riforma proposta dal governo? Finché la percezione errata e il dubbio non saranno dissipati, la fase attuale verrà considerata come una interessante «parentesi», degna forse di qualche investimento finanziario a breve termine. Ma le imprese straniere, come del resto quelle italiane, saranno riluttanti a considerare l’Italia un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione”.
L’aulico e sobrio Monti spiega dunque al colto e all’inclita che l’ultimo problema rimasto all’Italia è il mercato del lavoro, le cui rigidità costituiscono il vero deterrente agli investimenti nel nostro paese.
Tempo fa avevo postato una tabella basata su dati OCSE da cui risultava che l’Italia, su 33 paesi presi in esame, risultava essere al 25° posto per indice di protezione dei lavoratori permanenti dal licenziamento individuale, fra coloro cioè che offrono le minori tutele; tanto per capirci: Germania al quarto posto, Francia all’ottavo, Stati Uniti 33esimo. Ma sia! se è la rigidità il nostro problema, ben venga una riforma che ci consenta magari di superare gli USA: gli investitori accorreranno in massa, verrà creata occupazione e il problema delle tutele sarà irrilevante, visto che per ogni posto di lavoro perso ce ne saranno due disponibili…
Praticamente l’aulico e sobrio Monti ci sta dicendo che non c’è problema, perché la riserva (“comprensibile”) dei mercati può essere rapidamente superata con la rapida approvazione parlamentare della riforma proposta dal Governo. Questa è una buona, ottima notizia, a rifletterci bene.
Pensate se le “comprensibili riserve” degli investitori stranieri fossero state altre. Per esempio, che so?, l’alto indice di corruzione che pervade il paese; la burocrazia, che rallenta ogni iniziativa senza peraltro essere in grado di frenare le illiceità; i ritardi di pagamento delle amministrazioni, che variano da trecento a seicento giorni (60 i miliardi dovuti); l’economia sommersa, valutata intorno ai 500 miliardi (25% del nostro debito); le varie criminalità organizzate, ormai insediate stabilmente in tutto il Paese, dopo esservisi diffuse come una metastasi; il “cuneo fiscale” che rende il nostro costo del lavoro fra i più alti d’Europa, addirittura rendendolo parte della base imponibile (IRAP), mentre il netto in busta paga risulta fra i più bassi; una giustizia lenta e farraginosa che rende il diritto estremamente incerto…
Ingenuamente fino a oggi avevo creduto che fossero queste, e analoghe amenità, le “comprensibili riserve” che rendevano l’Italia un luogo poco attraente per gli investimenti. Sarebbe stato un bel guaio: per affrontare questi nodi ci vuole tempo, e soprattutto volontà politica, e noi non abbiamo né l’uno né l’altra. Ma la comprensibile riserva, per fortuna, è solo sul mercato del lavoro, e questo si può riformare in un batter d’occhio; basta non far caso alle parti sociali conservatrici, i cui mal di pancia passeranno nel giro di qualche scioperetto.
Ora dovrei sentirmi sollevato. Ma allora perché ho la sgradevole sensazione che qualcuno – aulicamente e sobriamente – ci stia prendendo per il culo?
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sono completamente d’accordo con l’analisi azzecatissima di tutti i motivi che rendono l’Italia non solo un paese poco attraente per gli investitori, ma direi semplicemente anche un paese poco attraente per gli abitanti (tanto è vero che, quando riuscirò a liberarmi dalla mia dipendenza dal lavoro, con i miei 48 anni di contributi pensionistici) andrò a vivere in Germania.
mi piacerebbe che ci fosse in Italia un partito politico, uno solo, caro Mauro, a parte qualche blogger, che perfino su questa piattaforma si contano sulle dita di una mano, che avesse un programma che dicesse tutte le cose che stai dicendo tu.
perché, non dobbiamo nasconderci che quel che hai profilato non è il programma del Partito Democratico, né di Vendola e tanto meno di Di Pietro.
candidati, Mauro, che – se mi cambiano la legge elettorale e ne fanno una decente, ma non ci credo – ti voto subito.
nello stesso tempo trovo però sbagliata egualmente la tua argomentazione complessiva: Monti deve cercare di attirare gli investimenti in Italia, non cercare di farli scappare; che cosa pretendiamo, che vada in giro a dire che i veri motivi, irrimediabili, perché ancorati a caratteristiche profonde della cultura nazionale, sono quelli giustissimi che hai detto tu?
a che pro? per scoraggiare i cinesi del tutto dal venire qui?
del resto, ci è stato ricordato per mesi da tutti gli oppositori puri e duri che Monti era l’espressione dei banchieri, della perfida Unione (Europea), della Merkel, e chi più ne ha più ne metta, ma il fatto che l’agenda di questo governo sia stata dettata dalla Banca Europea l’estate scorsa è vero, e la riforma del mercato del lavoro era una delle esigenze poste, per finanziare il debito pubblico italiano.
ce n’era anche un’altra (vale la pena di ricordarlo), e Monti la sta disattendendo, ed era il taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici (come in Grecia): varrebbe la pena essergliene minimamente grati.
del resto, il prossimo step che il governo Monti di è dato è la revisione delle normative sulla corruzione, e ricordiamoci che occorrerà farlo approvare dal parlamento dei Scilipoti e da un Senato dove Berlusconi non ha mai perso la maggioranza.
io non so come sia stata stilata quella classifica che hai meritevolmente pubblicato, ma da osservatore empirico delle cose italo-tedesche credo di potere confermare che in Italia è pressoché impossibile liberarsi di un dipendente incompetente o lazzarone, e in Germania no.
con questo non voglio dire che Monti riuscirà a correggere questo male nazionale neppure con la sua riforma del lavoro, però vorrei mettere in guardia dal portare senza saperlo acqua al mulino dei falchi, che questa riforma neppure la vogliono (vedi la Marcegaglia, o di sicuro Marchionne, anche se non ha parlato).
Prodi era di sicuro più a sinistra di Monti, però la sinistra lo ha fatto fallire due volte; ora possiamo mettercela tutta a far fallire anche Monti.
ma a patto di sapere che dopo di lui ci sarà molto peggio di lui.
E’ uno dei miei crucci sapere che fra un anno si dovrà votare e non avere la minima idea per chi farlo… Succedesse domani credo che potrei tornare ad astenermi, essendo uno di quelli che per votare ha bisogno di entrambe le mani e non può usarne una per turarsi il naso.
Quanto a Monti, trovo che il suo messaggio oggetto del post sia solo una strumentalizzazione – anche piuttosto grossolana – per indurre i riottosi parlamentarini a votare quella benedetta riforma senza troppe storie. Non ha bisogno di andare in giro a dire i veri motivi che fanno del nostro Paese un caso senza speranza, soprattutto perché non c’è al mondo un solo investitore che non li conosca già. Ma mi sarebbe piaciuto che fosse andato in giro a raccontare quello che sta facendo o ha intenzione di fare per risolverli, in quanto temi prioritari della sua azione di risanamento; e che l’impuntatura per la riforma del lavoro (se il paese non è pronto me ne vado) l’avesse usata per mettere i partiti di fronte alle loro responsabilità su temi davvero cogenti come quelli che ho elencato.
Dubito invece che vi metterà mai mano, a giudicare dall’arrendevolezza verso i partiti quando si è trattato di toccare interessi lobbistici, vedi liberalizzazioni (?), vedi le banche, vedi assegnazione delle frequenze, vedi giustizia, vedi la stessa mitica legge anti-corruzione…
Ma sono il primo ad augurarmi di sbagliare.
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dunque, l’abitudine tutta giornalistica a decontestualizzare le affermazioni è una pratica deprecabile.
ovvio che ciò dia adito a rettifiche e chiarimenti…certo che, al contempo, se gli oratori fossero maggiormente chiari, anche i giornali eviterebbero di fraintenderli!
Berlusconi docet.
sull’art. 18, Monti sa che non è quello il problema. però deve contiunare, una volta partito così lancia in resta sin dalla nomina, a venderlo come tale.
sa bene che problemi maggiori sono i pagamenti della P.A., le liberalizzazioni, la corruzione e la lentezza della giustizia civile. ma deve vendere ancora l’art. 18 e poco importa se gli investitori esteri, i destinatari di quelle dichiarazioni siamo solo noi.
insomma, ormai nessuno lo schioda dalla sua idea: potrà avere dei benefici, speriamo solo di limitare i danni.
per il resto, non ci resta che sperare che dopo il “coup de theathre” sull’art. 18 si concentri anche sugli altri problemi….
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