Propongo di seguito il testo delle considerazioni del giornalista Toni Capuozzo, iscritto dalle zelanti mosche cocchiere del giornalismo omologato nella lista di proscrizione dei putiniani. (Questo termine è un neologismo che va annoverato nell’elenco di quelli classificabili come inibitori del discorso. Gli inibitori del discorso sono comode espressioni verbali che esimono l’interlocutore da qualunque risposta alle tue obiezioni, in quanto – nell’immaginario collettivo forgiato dalla propaganda del pensiero unico – esse dequalificano chi ne viene designato rendendolo indegno di replica: hai la protervia di eccepire o distinguere o farti domande su un determinato argomento sensibile? Allora sei, a seconda del caso, putiniano, no-vax, complottista, sovranista eccetera, e tanto basta).
L’autore dell’articolo a cui si riferisce Capuozzo, qui il link, è di tale Filippo Passeri, firma del Foglio. Esso è paradigmatico del clima culturale che si sta consolidando, con cui hanno fatto già i conti diverse personalità del mondo intellettuale non appena si sono azzardate ad esaminare anche solo la possibilità di narrazioni diverse da quella sostenuta dai padroni del discorso. Non saprei dire se si tratta di un fenomeno particolare al nostro paese o ben più generalizzato. Sta di fatto che si tratta di una sorta di neo-maccartismo dove i processi al momento vengono celebrati sommariamente sui media, ma non è detto che di questo passo un’apposita commissione governativa prima o poi se ne faccia carico. Abbiamo avuto negli ultimi due anni un maccartismo di tipo sanitario, ora ne è subentrato uno di tipo bellico, con un progressivo crescendo dei toni isterici.
Prima di trascrivere il testo di Capuozzo, apro una parentesi sulla pagina del sito ucraino a cui fa riferimento l’autore in chiusura.
Si tratta del sito web Myrotvorets, con sede a Kiev, gestito dal “Centro Myrotvorets” a cura dall’agenzia governativa di intelligence Servizio di Sicurezza dell’Ucraina, sul quale vengono pubblicate le liste dei giornalisti sgraditi al potere, con tanto di nome, foto e indirizzo.
La pagina in questione riguarda il nostro Andrea Rocchelli, scomparso il 24 maggio 2014.
Giornalista free lance, secondo la ricostruzione di giudici italiani viene ucciso all’inizio della guerra del Donbass da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino mentre svolgeva il suo lavoro. Un disertore dell’esercito ucraino ha accusato il proprio superiore, il comandante Mychajlo Zabrods’kyj, di aver dato l’ordine di sparare contro il gruppo di civili. (Fonte Wikipedia).
Nella pagina leggiamo, con l’aiuto di Google Translator:
“Paese: Italia – Violazione deliberata del confine di stato dell’Ucraina per penetrare nel territorio dell’Ucraina occupato da bande terroristiche russe nel Donbas.
Cooperazione con organizzazioni terroristiche filo-russe.
Fotografo, giornalista italiano.
È stato preso di mira nella città di Slavyansk, durante il soggiorno del mercenario russo I. Strelkov (Girkin) nel maggio 2014.
Il Peacemaker Center chiede alle forze dell’ordine di considerare questa pubblicazione sul sito web come una dichiarazione sulla commissione da parte di questo cittadino di atti deliberati contro la sicurezza nazionale dell’Ucraina, la pace, la sicurezza dell’umanità e la legge e l’ordine internazionale, nonché di altri reati”.
La scritta rossa trasversale sulla foto (ЛИКВИДИРОВaН) significa “LIQUIDATO“

Ora la risposta di Toni Capuozzo a Passeri (enfasi mie), buona lettura:
Passeri non solitari
Lo so: poche cose sono così noiose come le baruffe tra giornalisti. Ma in qualche caso bisogna pur difendersi, e riderci su.
Il caso è del 21 aprile e porta su Il Foglio la firma di un’analisi compiuta da un certo Filippo Passeri. Titolo: “Le fake news su Bucha di Toni Capuozzo spopolano su Facebook”.
Il realtà il solerte Passeri non si è dato troppo da fare, ma come in un mattinale della polizia religiosa, si è limitato a tradurre un report dell’Institute for Strategic Dialogue sui post apparsi nelle tre settimane successive al massacro di Bucha. Me li immagino, gli impiegati dell’istituto che controllano visualizzazioni e condivisioni, e decidono in quale categoria mettere un post. Forse non hanno neanche chiesto al capo ufficio se i miei post fossero delle news – cioè fornivano notizie – se fossero fake news – cioè fornissero notizie false – o se fossero qualcos’altro, come chiunque li abbia letti sa.
Ponevano delle domande sui morti trovati per strada.
Non mettevano in dubbio né l’esistenza né il numero delle vittime sepolte durante l’occupazione di Bucha da parte dei russi, ma ponevano delle domande sui morti ritrovati per strada quando i russi se n’erano già andati, e su Bucha era passata una squadra speciale della polizia, guidata da un nazista, a caccia di collaborazionisti e sabotatori.
Come mai alcune delle vittime avevano un fazzoletto bianco al braccio ? Come mai accanto ai corpi spesso c’erano i sacchetti della razioni alimentari russe ? Domande rimaste senza risposta. Domande che possono essere scomode o semplicemente stupide, impertinenti o fuori luogo, ma domande, non notizie.
Ora, pretendere che il solerte Passeri andasse a rileggere quello che avevo scritto e si ponesse a sua volta la domanda – “ma Capuozzo ha davvero scritto delle fake news o ha solo fatto inutili domande ?”- è troppo. Non mi indigna, mi fa ridere. E’ il coro conformista e lui sì indignato, moraleggiante e bellicoso: i redattori di Open hanno scomodato una veterinaria per smontare le mie domande, un politico fallito mi ha definito “negazionista”, un ristoratore ammiratore di Azov mi manda messaggi che augurano “morte alla Russia”: ognuno ha le sue ossessioni.
L’unica cosa che mi sorprende, nella pensosa analisi di Passeri, è che mi descrive così: “in passato inviato per Mediaset in diversi paesi di guerra e oggi attivo principalmente sui social.” No, non mi infastidisce il modesto italiano (quali sono i “paesi di guerra” ?), mi sorprende un dettaglio. In passato, non è un mistero, sono stato a lungo collaboratore de Il Foglio, dove tenevo la rubrica Occhiaie di riguardo. Sembra brutto ricordarlo ai lettori dell’analisi, meglio nascondermi nei meandri sotterranei dell’Azovstal dell’informazione. Meglio fare come nelle foto staliniane, togliamo il Capuozzo.
Poco elegante, Passeri. Ma Lei non è solo, in questa rancorosa campagna di indici accusatori che segnalano debolezze, domande, propagande cattive e propagande buone, notizie false, notizie da evitare.
A proposito di notizie da evitare: potrebbe il solerte Passeri indagare sul sito ucraino che gli segnalo, capire se spopola o meno, e magari tradurre quella scritta rossa sulla foto di Andy Rocchelli, fotografo italiano ucciso nel Donbass ? Grazie. Passeri, aspetto una sua analisi.