A metà strada fra Dingboche e Lobuche, subito dopo il villaggio di Doughla, il sentiero sale per un centinaio di metri e porta a un pianoro chiamato Chukpilhara, più conosciuto come Memorial Stones. E’ un’area dedicata alla memoria di coloro che hanno perso la vita sull’Everest.
Lì si cammina in silenzio fra tumuli di sassi e piccoli chorten costruiti da mani devote, sotto ghirlande di bandiere tibetane che il vento scuote appena per diffondere nell’aria l’incessante preghiera. E’ una piccola Spoon River, dove targhe di pietra o metallo evocano brevemente il comune destino di esistenze troppo presto compiute: a volte raccontando il dolore di chi è rimasto, a volte dicendo solo un nome e una data.
Do not stand at my grave and weep
I am no there. I do not sleep.
I am a thousand winds that blow.
I am the diamond glints on snow.
Non piangere sulla mia tomba
Io non sono lì. Io non dormo.
Io sono i mille venti che soffiano.
Io sono il bagliore della gemma sulla neve.