Sono contrario al taglio dei parlamentari per varie ragioni di merito, che in quanto tali possono non essere condivise, così come io non condivido le ragioni di merito del sì.
Però, al di là delle ragioni di merito, mi chiedo:
Ma davvero c’è qualcuno che in tutta coscienza possa dirsi convinto che l’attuale classe politica abbia la statura culturale e morale per essere legittimata (parlo di legittimità, non di legalità) a cambiare anche solo una virgola della nostra Carta Fondamentale?
Eppure, le precedenti riforme, perpetrate o tentate, dovrebbero ormai averci edotto circa i disastri che mani insipienti, o peggio eterodirette, possono fare.
La pretesa inattualità della Costituzione, che non sarebbe più grado di rappresentare un realistico stato di cose, è del tutto fallace. La Costituzione non ha mai preteso di rappresentare uno stato di cose, ma piuttosto prescrivere un indirizzo verso cui deve tendere il nostro convivere dentro lo Stato nazionale che ci appartiene. Basta leggerne la parte dei Principi Fondamentali per rendersene conto.
Se negli anni ce ne siamo allontanati, non è la Costituzione a essere obsoleta ma è la nostra classe politica che si è sottratta al compito di realizzarla, in obbedienza agli imperativi ordoliberisti che si sono andati affermando e di cui l’Unione europea è l’espressione più compiuta.
Altrettanto fallace è l’idea che una riforma di tipo mirato e circoscritto non avrebbe conseguenze significative. La Costituzione è un tutto organico, i cui vari Titoli in gran parte sono (erano) lo sviluppo coerente degli imperativi espressi dai Principi Fondamentali, per cui anche una modifica limitata può avere conseguenze vanificanti di quei capisaldi.
L’esempio più eclatante è la modifica dell’art. 81 (e collegati) realizzata dal Governo Monti su indicazioni eurocomunitarie, che da sola ha invalidato di fatto gli articoli 3, 4 e 9 dei Principi Fondamentali.
Anche l’attuale riforma, descritta come mirata, non si limiterà ad avere un mero effetto di riduzione dei parlamentari, ma – per esempio – abbasserà la soglia del quorum necessario all’elezione del Presidente della Repubblica, o alla sua messa in stato di accusa; o quello per le revisioni costituzionali – che potranno passare sopra la testa dei cittadini evitando più facilmente la necessità del referendum confermativo.
Ogni revisione costituzionale, insomma, dovrebbe rispondere a comprovate esigenze di maggiore efficacia nella realizzazione dei Principi Fondamentali, e sempre dopo un ampio dibattito nel Paese, indipendentemente dalle situazioni contingenti.
Mai dovrebbe essere realizzata per conferirsi una medaglietta di revisione per risibili motivi di risparmio o indimostrabili motivi di generica efficienza (efficienza per cosa?).
Peggio ancora, non certo per motivi eterodiretti finalizzati all’invalidazione di quegli stessi Principi.
La riforma dell’art 81 è un esempio del secondo caso. Quella per cui voteremo fra un paio di giorni è un esempio del primo.
È per questo che al di là delle ragioni di merito, io voto NO.
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