In quel tempo il Grande Imperatore mandò che si facesse un censimento generale. I suoi legati si recarono presso ogni governatore di provincia, a raccogliere i più minuziosi ragguagli sulla stato del Regno, che una commissione di saggi, poi, si incaricò di sistemare e compendiare.
Grande fu l’afflizione dell’Imperatore quando apprese che tanta parte dei suoi sudditi era precipitata nell’indigenza, e che una parte anche maggiore lottava ogni giorno per non cadervi; grande il suo dolore quando lesse della disoccupazione, della sotto-occupazione, del lavoro precario e a cottimo che come pestifere piaghe infestavano ogni angolo il suo impero; che le fabbriche chiudevano e i ponti crollavano; che colline e fiumi franavano e straripavano sotto piogge inclementi.
“Gli dei mi puniranno per aver permesso tutto ciò – piangeva; ci saranno crudeli rivolte, i miei nemici sobilleranno il popolo che vorrà vedermi giustiziato insieme alla corte tutta.”
Così si doleva il Grande Imperatore, coperto il capo di cenere, e le volte delle mille stanze del palazzo echeggiavano dei suoi gemiti, con grande costernazione e terrore di fàmuli e funzionari.
Ma poi, d’improvviso, ecco il cordoglio tramutarsi in gioia, ed il pianto in risata incontenibile.
Il Grande Imperatore aveva letto la conclusione del rapporto, dove si riferiva che a scendere in piazza era un popolo che pretendeva una maggior buona educazione, la fine della violenza verbale, e che si sancisse per legge l’introduzione dell’asterisco in sostituzione della vocale in fine di parola, affinché ogni retaggio grammaticale in pregiudizio dei diritti Qwerty venisse finalmente eliminato.
La leggenda narra che il Grande Imperatore diede precisi ordini perché manifestazioni siffatte non venissero mai ostacolate, anzi fossero esaltate e incoraggiate dalle autorità. Si dice inoltre che quello fu un Natale fra i più lieti e sereni della sua lunga vita.
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