Dopo 13 giorni di sciopero duro, con blocco dei trasporti e code complessive per centinaia di chilometri, e dopo un anno di Gilets Jaunes, l’informazione nostrana deve riconoscere a malincuore che l’opinione pubblica francese, in maggioranza, continua a essere solidale con le proteste, anche se poi i nostri corrispondenti si interrogano pensosamente su quanto ancora tale solidarietà potrà tenere.
Il giornale La Stampa invece se ne esce con un titolo che direi abbastanza ignobile: “Francia: così le proteste fanno emergere il lato bestiale delle persone” (vedi qui), originariamente uscito nella versione interrogativa “Perché le proteste in Francia stanno trasformando le persone in bestie?”, poi rettificata forse perché ritenuta meno politicamente corretta.
Ma a proposito di scioperi a oltranza, è interessante ricordare oggi una dichiarazione di qualche tempo fa dell’ineffabile professor Monti in una delle sue tante apparizioni televisive:
“Devo dire, visto che oggi ci sono manifestazioni sindacali, che in quel gelido dicembre 2011 – quando abbiamo dovuto presentare per decreto legge la riforma delle pensioni […] – l’abbiamo presentata – più che discussa – con i leader delle organizzazioni sindacali; che poi non hanno colto quello per fare una specie di rivolta sociale. Ci sono state qualche settimana dopo due ore simboliche di sciopero, ma non c’è nessun paese in cui una riforma così forte delle pensioni sia stata adottata così semplicemente dal punto di vista politico”. (Vedere qui).
Le parole del professore Monti , a cui va riconosciuto il merito di dire spesso (se per onestà intellettuale, inconsapevolezza o tracotanza non saprei) cose che altri tacerebbero, mettono in risalto l’abissale differenza fra la combattività dei sindacati e dei lavoratori francesi – degna di epoche a noi ormai culturalmente remote – e la straordinaria remissività di quelli italiani.
Secondo la memoria selettiva di alcuni, in quella circostanza i sindacati fecero responsabilmente il massimo che si poteva fare, data la prossimità del fantomatico “baratro”.
Non solo: si sarebbero poi ulteriormente contraddistinti per senso di responsabilità qualche anno dopo, accettando pacificamente la riforma della sinistra che smantellava lo Statuto dei lavoratori, abolendo in particolare l’articolo 18.
Fra qualche decennio gli storici avranno un bell’interrogarsi sulle cause che hanno trasformato quello italiano da uno dei movimenti operai più combattivi a uno dei più arrendevoli, e la lotta sociale in uno stucchevole siparietto di buoni sentimenti dove irenismo e buona educazione diventano le rivendicazioni più pregnanti..
Io me lo chiedo da anni, senza riuscire a venirne a capo.
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Credits: devo i link ai commenti a un post di Paolo Desogus sulla sua pagina FB.
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