L’esperienza chavista in Venezuela è stata raccontata vari modi, con narrazioni che oscillano fra l’entusiasmo più celebrativo e la critica più feroce.
Il chavismo ha indubbiamente realizzato importanti progressi sociali per l’immensa quota di popolazione che si è sempre barcamenata nell’indigenza, in particolare sotto i profili dell’istruzione e sanitari; e tuttavia i limiti del regime – per le politiche economiche, la corruzione, l’incerta democrazia – sono evidenti.
Difficile dal di fuori dare un giudizio oggettivo, e capire quanto l’attuale rivolta rappresenti un autentico e maggioritario sentire popolare o non sia piuttosto l’ennesimo tentativo di destabilizzazione eterodiretta.
Però c’è un indicatore che in prima approssimazione può aiutare: il fatto che gli USA, e a seguire molti dei paesi satelliti, si sono immediatamente premurati di dare sostegno a Gualdò riconoscendone le pretese presidenziali.
Tenuto conto che gli Stati Uniti sono il paese che si è sempre trovato dietro tutti i colpi di stato e le destabilizzazioni avvenuti nell’universo mondo dal secondo dopo-guerra in poi (un elenco sarebbe superfluo, immagino), ci sono ottime ragioni per ritenere che la parte per cui essi si schierano in un conflitto di questo tipo non è mai quella legittima; dunque, in caso di dubbio, è l’altra che va appoggiata.
Nel caso specifico, quindi, per il momento tendo a simpatizzare per Maduro (con il quale tra l’altro ho maggiori affinità ideologiche rispetto a Gualdò), anche se capisco che la mia è una semplificazione un po’ sbrigativa.
PS: Qui le attività USA limitatamente al loro “cortile di casa”.

