Segnalo qui l’articolo del prof Michele Prospero, letto oggi con un certo imbarazzo, che mi appare la plastica rappresentazione sia della reticenza della sinistra a fare i conti con i propri limiti attuali, sia della povertà propositiva che ne consegue.
Due affermazioni che trovo esemplari:
“La mistificazione cognitiva in Italia ha vinto, e il populismo è lo strumento di classe per la conservazione-restaurazione”.
“Vincere nelle vecchie zone rosse servirebbe come un incentivo per riorganizzare le forze contro la minacciosa marea nera oggi trionfante”.
Alcune domande:
1) Si può parlare di mistificazione cognitiva senza cadere nel grottesco, quando la base a cui presumibilmente ci si rivolge è stata vittima di un gigantesco raggiro cognitivo operata dai suoi vertici politici, che della sinistra hanno rovesciato valori e prospettive abbracciando la matrice neoliberista, millantata come espressione più moderna, progressiva e vincente?
2) Quale sarebbe oggi il soggetto che dovrebbe vincere per “riorganizzare le forze contro la marea nera trionfante”? (Per favore non mi si risponda LeU o analoghi accrocchi elettorali, per non parlare del PD).
3) È ammissibile che di nuovo si ricorra al vecchio trucco della legittimazione politica in termini oppositivi (oggi contro il populismo di destra, così come ieri contro il berlusconismo – e abbiamo visto dove ci ha portati), per ovviare all’incapacità propositiva di un modello sociale che sia alternativo a quello socio-darwiniano esistente?
La ricostruzione del pensiero progressivo richiederà tempi tanto più lunghi quanto più tarderanno a emergere i soggetti capaci di farsene carico. Ci attende una lunga traversata del deserto: rassegnamoci e soprattutto lasciamo perdere le scorciatoie. Sappiamo dove portano.
A me, come ben sai, le analisi di Michele Prospero non sono mai dispiaciute…
Di sicuro non me lo ricordavo così ‘verboso’, mentre si dilunga in una pedanteria elusiva fine a se stessa.
Adesso apprendo che siamo (sono?) ridotti alle riserve indiane… Il massimo obiettivo è non perdere nelle (ex) zone rosse (e so’ soddisfazioni grosse!), mentre proprio non gli riesce di accettare le cause all’origine del dilagante populismo neo-sovranista.
A “sinistra”, le motivazioni le conoscono benissimo, ma siccome non piacciono, non sono funzionali alla grande narrazione progressista, semplicemente vengono rimosse o distorte.
Giusto a proposito di mistificazione cognitiva.
P.S. Certo che se la “nuova resistenza” parte dalla Garbatella, col suo 28% di votanti alle ultime elezioni circoscrizionali (le più inutili che si siano e che i romani disertano in massa), stiamo freschi!
Ho avuto modo di conoscerlo personalmente e so che è una brava persona, oltre che di squisita cultura generale e politica; però non ho potuto fare a meno di notare che negli ultimi tempi (forse nell’ultimo paio d’anni) le sue riflessioni sono sempre più confinate nell’astrattezza delle enunciazioni generiche (una patologia che sembra aver colpito un po’ tutta l’intellettualità progressiva).
Il termine “elusivo” che tu usi mi sembra molto appropriato.
Questo articolo è stato un po’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e più che altro ne ho scritto un post per provocare reazioni da parte di un gruppo facebook che frequento, composto da persone molto preparate con le quali mi capita di avere a volte un “vivace” rapporto dialettico.
In generale, trovo che la genericità e la vaghezza con cui l’intellettualità “di sinistra” sta cercando di analizzare questa fase è davvero stucchevole, irritante e dannosa, e i risultati si vedono. L’unico che a mio avviso scende davvero nel concreto cercando di affrontare i nodi sostanziali del presente è Stefano Fassina, non a caso completamente isolato all’interno del suo schieramento.
Fassina sto (lentamente) imparando a rivalutarlo nel tempo… E infatti, a proposito di “intellettualità progressiva”, costituisce uno dei bersagli preferiti di certa intelligenza piddina che ancor ieri l’altro ancora si divertiva a dileggiarlo, in un noto sito in cui sono soliti riunirsi gli ultimi pasdaran piddini, senza ovviamente che mai si entri nel merito delle sue tesi o ci si sforzi di argomentare le proprie.
Personalmente frequento poco i “social”: non ho un profilo f/b, tanto meno faccio uso di twitter, più che altro mi limito a “lurkare” in giro (si dice così?!) quel tanto che basta a tenermene alla larga. Oramai posso dire che lo scollamento dal cosiddetto “popolo” che la Sinistra, coi suoi troppi maestrini, pretenderebbe di rappresentare sia praticamente totale: il “popolo” non capisce loro e loro del “popolo” non sanno nulla. Preferiscono immaginarselo, il “popolo”, nella presunzione pedagogica di guidarlo, educarlo, consigliarlo, ora ritenuto “minorenne” e più spesso considerato “deficiente”, senza nemmeno rendersi conto di quanto un simile approccio sia profondamente reazionario. E lo fanno in un profluvio di elucubrazioni prive di visione, senza progettualità né vere tensioni ideali, in una narrazione riciclata e totalmente avulsa dalla realtà che pure pretendono di interpretare, nella stanca reiterazione di vecchi rituali ai quali nemmeno loro credono più, quanto mai svolazzanti nell’empireo autoreferenziale degli enunciati di principio.
Sbagliare tutto e persistere nell’errore, con l’esaurimento della propria ragion d’essere.
Non credo sia una crisi passeggera. Questa volta la “Sinistra” è veramente morta. I sintomi della malattia c’erano tutti e da tempo, evidenti a chiunque avesse avuto un minimo di lucidità (ed umiltà) per vederli. Ora non resta che constatare il decesso.
Davvero viviamo in un unicum dove tutti gli antichi schemi ideologici, le vecchie categorie di pensiero ed interpretative vengono meno, per lasciare il posto a qualcosa di completamente nuovo (da questo punto di vista stiamo davvero assistendo ad una transizione epocale). Ed è quanto di peggio ci si potesse aspettare.