Giorgos Tyrìkos-Ergàs è un membro di Ankalià (Abbraccio), la ONG fondata dal sacerdote ortodosso Efstratios Dimou – conosciuto da tutti come Papa Stratis – che si occupa di aiuti ai rifugiati.
Atenecolling.org ha pubblicato sulla bacheca FB alcuni degli appunti che Giorgos scrive nel corso della giornata, frammenti di un’esperienza che forse preludono a un libro futuro, o che forse servono semplicemente a fotografare l’istante che lo ha colpito, per conservarne la memoria.
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Offro 50 euro a un rifugiato siriano e lui non li accetta: “Io sto da solo – spiega, ce la farò. È meglio dare i soldi a una famiglia”.
Ad Ankalià, al buio perché ci è stata staccata la luce, mi ritrovo a discutere del romanzo “Cuore di Tenebra” di Conrad con un pachistano, professore universitario di letteratura inglese all’Università di Lahore.
Un giovane afgano recita Saffo. Dice che gli dispiace essere arrivato a Lesbo da rifugiato, sporco.
Un giovane palestinese, ingegnere meccanico, mi lascia a bocca aperta parlandomi di Erostrato e dei suoi studi idrici.
Sbaragliato senza attenuanti a scacchi (ben quattro volte di seguito) ad opera di un quindicenne dello Sri Lanka.
Con la posta arrivano decine di pacchetti da ogni parte del mondo. Ci sono vestiti piegati e stirati ordinatamente. I bigliettini che li accompagnano: “Pazienza”, “Tenete duro”…
“È solo una goccia nell’oceano”. “Sì, ma è sempre qualcosa”.
Arriva uno della mia stessa età. Ha un lavoro che gli fa guadagnare quattro soldi. Mi consegna una busta piena di antidolorifici, che ha comprato facendo una colletta sul lavoro alla quale hanno contribuito tutti i compagni.
Alle sette del mattino passa un Disc Jokey. Ha appena finito di lavorare. Mi dà 70 euro, il suo guadagno della nottata. “Per aiutare quelle persone”, dice, e si allontana sorridente.
C’è un signore anziano di Aleppo a cui non so spiegare in inglese che quella cosa che ha pestato scendendo dalla barca è un riccio di mare. Ecco che una ragazzina cicciottella interviene umiliandomi: “sea urchin”, dice.
Arriva di fretta un signore greco mentre me ne sto andando. Lavora in Germania, dice, e va a pagare anticipatamente la frutta. Più tardi mi rendo conto che l’ha lasciata pagata per un intero mese e mezzo. Non so nemmeno come si chiama, non posso nemmeno dirgli grazie.
Dal siriano che con la sua meravigliosa famiglia è passato da Ankalià un mese fa ricevo un messaggio: “Siamo in Germania. Ce l’abbiamo fatta, siamo vivi”.
Pensavo di non postare nulla questa settimana, ma non posso non condividere cose del genere… Situazioni che non avrei mai immaginato. Non ho il diritto di tacere quanto stiamo vivendo. Nel bene e nel male, non ho questo diritto.
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Persone di questo calibro sono effettivamente un pericolo per il nostri politici da bar sport che fanno a gara a sparare castronate.
😉 Tutti filosofi, artisti, poeti, buoni samaritani, campioni di scacchi, professori, filologhi, esteti della cultura greca… , passando per il Bobby Fischer cingalese: se non si sa giocare a scacchi, non vuol dire necessariamente che il proprio avversario sia un campione (io vinco sempre giocando col computer, ma è il pc ad essere stupido dal momento che non diversifica le strategie, non certo io ad essere bravo).
E non mancano interessanti scoperte: in Afghanistan studiano il distico elegiaco ed imparano a memoria le poesie di Saffo (ma per favore!)
Trovo certe retoriche buoniste ancor più stucchevoli e irritanti della vulgata paranoica e razzistoide che vuole tutti gli immigrati ladri, stupratori, e quant’altro di peggio può passare per i tweet del Salvini di turno.
A loro modo, le edulcorazioni del buon Papa Stratis mi sembrano una variante moderna del mito del “buon selvaggio”, che poi è quanto di più ipocritamente razzista potesse elaborare la cultura del ‘700-‘800. A livello promozionale, Papa Stratis forse potrebbe fare di meglio…
Sarà che col passare del tempo si diventa cinici e anche peggio… ed io ero già fin troppo smaliziato di mio. Non me ne volere troppo male per questo..;)
P.S. Sapevo che Erostrato era specializzato nella distruzione di opere d’arte e templi (oggi di emuli ne ha anche troppi!) ma che si occupasse di idraulica non l’avevo mai sentito da nessuna parte.
Caro Sendivogius. È possibile che Giorgios (non Papa Stratis) abbia scelto di raccontare solo i pochi casi positivi con cui ha avuto a che fare, e omesso i tanti negativi che gli saranno capitati. È una scelta che non mi sento di criticare, anche perché chi l’ha fatta è un ragazzo che nel bene o nel male si mette in gioco con queste vicende ogni giorno. Cosa che io mi guardo bene di fare.
Dopotutto, dell’aspetto negativo abbiamo già una narrazione quotidiana più che esauriente, almeno per quanto mi riguarda.
Permettimi di dissentire sul sarcasmo e/o scetticismo. Che i distici elegiaci di Saffo siano appannaggio dei soli occidentali, e che un afghano non possa averli studiati, è una visione tipica della mentalità occidentale: la provincialità dell’imperialismo, per usare un’espressione che non è poi così ossimorica.
La cultura da quelle parti, per evidenti ragioni, è molto meno diffusa che da noi, ma forse per ciò stesso è anche molto più profonda. Oltre che durante le mie permanenze all’estero, ho avuto occasione di costatarlo anche ultimamente, quando ho dato un passaggio a un’incongruo signore vestito con una tunica bianca che aspettava l’autobus sotto la canicola. In quel caso si trattava di un pakistano, ma credo che poco importi. Non scendo nei particolari per evitare la stucchevolezza, ma ti assicuro che mi sono sentito, come dire?, “inadeguato”.
Quello stesso senso di “inadeguatezza” che mi pare stia vivendo Giorgios. Se qualcosa/qualcuno ci sorprende, è perché evidentemente non avevamo un’adeguata rappresentazione di ciò che ci ha stupito.
Che poi, se penso alla Siria multiculturale e laica quale l’ho conosciuta non più tardi di 10 anni fa, e allo scempio che se ne sta facendo oggi con la nostra diretta o indiretta collaborazione (giusto per parlare di un’attualità fin troppo ripetitiva in Medio oriente), mi viene il legittimo sospetto che quella cultura occidentale non ci appartenga più, e da molto tempo.
Quanto alle partite a scacchi, secondo me il valore dell’episodio raccontato da Giorgios, non sta tanto nel fatto che lui abbia vinto o perso, quanto nel fatto che le abbia giocate contro una persona in carne e ossa, e non contro il computer.
Carissimo Mauro,
Faccio assoluto tesoro delle tue parole; a maggior ragione che sei una delle poche persone a possedere il dono della persuasione, con argomentazioni sempre convincenti e le parole giuste in ogni contesto. Pertanto, il tuo (benevolo) ‘dissenso’ rappresenta per me un’insostituibile linfa intellettuale; se così non fosse, non mi intratterrei con tanto piacere nei nostri liberi scambi di opinione, per spunti di riflessione sempre nuovi.
Non sono persona di facili piaggerie e detesto l’adulazione. Quindi considera i miei complimenti davvero sinceri.
Apprezzo molto definizioni come “la provincialità dell’imperialismo” che non è affatto un ossimoro ma, se posso divagare, l’espressione prevalente di una specifica forma mentis ed approccio culturale ottocentesco, che nella letteratura britannica credo abbia avuto i suoi autori più rappresentativi in Rudyard Kipling e Joseph Conrad (tanto per citare i nomi più conosciuti).
Lo prendo come un limite intrinseco ed un complimento, anche se non credo sia l’aspetto prevalente della mia visione del mondo..;)
In quanto al gioco degli scacchi, che i veri esperti considerano una metafora dell’esistenza umana, penso che a loro modo testimonino quel ripiegamento della “cultura occidentale” che, nonostante tutto, continua ad appartenerci molto più che altrove…
E’ difficile incontrare buoni giocatori di scacchi, ma ancor più incontrare gente che conosca le regole di base del gioco. In assenza di entrambi, il pc diventa un (mediocre) surrogato nel tempo libero.
Ti assicuro che non sono così misantropo 🙂
Non l’ho mai messo in dubbio! 🙂