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All’inizio dell’anno segnalavo la decisione del Presidente della repubblica portoghese, Anibal Cavaco Silva, di sottoporre al vaglio costituzionale la legge finanziaria 2013 – che pure aveva controfirmato. Motivo:
“l’entrata in vigore della finanziaria si tradurrà in una forte riduzione delle entrate per i cittadini oppure in un significativo aumento delle imposte o ancora in una diminuzione del welfare state. Tutti saranno colpiti ma alcuni più direttamente di altri e questo solleva legittimi dubbi sull’equità della suddivisione dei sacrifici“.
La manovra, varata dal governo conservatore di Pedro Passos Coelho, era l’ennesimo e il più duro giro di vite dall’inizio della crisi, per “rispettare il percorso di risanamento” concordato con la troika nel 2011 in cambio del prestito di 78 miliardi per salvare il Paese.
Venerdì 5 aprile la Corte si è pronunciata, bocciando quattro dei nove provvedimenti, in quanto giudicati anticostituzionali e discriminatori: taglio della quattordicesima mensilità e riduzione delle pensioni per i dipendenti pubblici; tagli ai sussidi di disoccupazione; riduzione dei congedi per malattia. (Gli effetti della bocciatura sono retroattivi, quindi il governo dovrà restituire quanto pagato in meno dal primo gennaio scorso, data di entrata in vigore dei provvedimenti).
L’ameno ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, si è subito affrettato a dichiarare, a scanso di equivoci: “Il Portogallo ha fatto molti progressi l’anno scorso per tornare sui mercati, ma dopo la sentenza si dovranno decidere altre misure“.
Coehlo, in una riunione di gabinetto convocata d’urgenza il giorno dopo, ha biasimato la decisione, lamentando che l’Alta corte mette a repentaglio il programma di salvataggio, crea problemi al budget 2013 e “compromette la credibilità internazionale del Portogallo“.

La decisione della Corte è di grande importanza: afferma il primato della Costituzione, quindi della sovranità nazionale, nei confronti di un’organizzazione sovranazionale a vocazione anti-democratica; la valenza sociale sopra quella economico-finanziaria; la legittimità sopra la legalità, (per citare una recente riflessione di Agamben).
In pratica, al “Ce lo chiede l’Europa” è stato ribattuto, per una volta, “Non ce ne può fregare di meno“.
A testimonianza di quanto sia importante la notizia, sta il fatto che qui da noi i media l’hanno pudicamente trascurata: si fa così quando si vuole depotenziare la portata di qualcosa. D’altra parte, da noi non c’è un presidente che si interroghi sull’equa ripartizione dei sacrifici, e la nostra Corte fa la bella addormentata, o si distrae a rincorrere altre priorità.
Di seguito, riporto le considerazioni che sull’argomento fa Orizzonte48, un blog che si prefigge di analizzare – meritevolmente e con autorevolezza – lo stravolgimento che i trattati e le normative europee stanno arrecando al nostro assetto costituzionale e alla nostra sovranità, complice l’indifferenza o la connivenza di chi questi valori sarebbe chiamato a difendere. Un luogo fondamentale che raccomando a chi vuole capire, non solo sotto l’aspetto economico ma anche giuridico-istituzionale, scempio e scempiaggini di questa distopia che chiamiamo Unione Europea.

[…] la Corte costituzionale portoghese, su rimessione da parte del Presidente della Repubblica, ha stabilito la illegittimità costituzionale di 4 (su 9) delle norme della legge finanziaria “lo-vuole-l’europa” che doveva servire al consolidamento (l’ennesimo) di bilancio, come misura imposta dalle istituzioni UEM in termini di austerity “espansiva”. […] quel tipo di austerity che serve a garantire essenzialmente i crediti delle banche straniere [a carico dei contribuenti del paese debitore] perchè:
1) sia ripagato il capitale investito nel debito pubblico del paese debitore [chiamato a pagare ben più alti interessi di quelli che le banche otterrebbero nel loro paese]
2) sia ripagato il debito contratto dal sistema bancario del paese debitore […] attraverso fondi pubblici di ricapitalizzazione e rifinanziamento di tale sistema.
[…] Tale austerità espansiva aggrava la situazione del debitore in un’inesorabile morsa di recessione e insolvenza, poiché impoverisce sistematicamente i cittadini, […] innescando un calo di consumi… [che a sua volta produce] nuovi fallimenti di imprese e ulteriore disoccupazione. Con una spirale di peggioramento dei conti pubblici, provati da riduzione delle entrate e aumento della spese di assistenza alla disoccupazione (che le norme cassate in Portogallo volevano comunque ridurre!).
Che la Corte costituzionale portoghese lo potesse fare è pacifico: è principio comune a tutti i paesi aderenti all’Unione Europea, e anche all’Unione Monetaria Europea (che della prima è una forma più stringente ma non difforme, sul piano della fonte del vincolo, cioè un vincolo di diritto internazionale dei trattati) che le norme interne dettate dall’adempimento di tali obblighi derivanti dai trattati possano essere sindacate alla stregua dei parametri costituzionali di diritto interno che abbiano il carattere di principi fondamentali.
Questi ultimi possono essere variamente definiti, in ciascun ordinamento, ma tendono […] – in base al comune patrimonio di civiltà democratica che caratterizza le Costituzioni successive alla seconda guerra mondiale – a coincidere con i diritti fondamentali della persona e con la concreta applicazione del principio di uguaglianza sostanziale, nel pieno dei suoi corollari della ragionevolezza e della proporzionalità.
[…] diritti fondamentali che non costituiscono compiti e competenze che la UE assume come […] potere sovranazionale, [subordinandoli alle] finalità di stabilità dei prezzi (cioè politiche deflattive di protezione dell’economia finanziaria), stabilità finanziaria (cioè garanzia dei crediti degli operatori bancari e finanziari in genere nei reciproci rapporti all’interno dell’UEM) […] forte competizione interna al mercato unico.
E se una mediazione fosse stata ipotizzabile dalle norme dei trattati, che imponevano un coordinamento delle politiche fiscali, sociali e del lavoro, queste enunciazioni sono rimaste sulla carta, … [disattese dai] meri parametri di convergenza su debito e deficit pubblico, e tralasciando, in base a un fortissimo orientamento ideologico, ogni serio tentativo di armonizzare nella sostanza le norme in materia tributaria, previdenziale e di tutela dell’occupazione. […]
[In post precedenti] abbiamo […] definito il concetto corretto di “principi fondamentali” sia in termini di teoria generale, sia nella versione datane da Costantino Mortati, illustrando come:
a) l’UE sia esplicitamente estranea al perseguimento dei diritti fondamentali della persona nell’ambito delle sue competenze;
b) “stabilità dei prezzi” e “piena occupazione” UE-UEM non abbiano nulla a che vedere con le clausole che normalmente concretizzano i principi fondamentali nelle varie Costituzioni che, infatti, ammettono vari gradi di filtro alla incondizionata prevalenza del diritto europeo.
A quella trattazione del problema, vorremmo ora aggiungere le parole di Giuseppe Tesauro, illustre conoscitore del diritto europeo, per essere stato Avvocato Generale presso la Corte di giustizia delle comunità europee, nonché per essere attualmente (dal 2005) giudice della Corte costituzionale:
“…Il principio della prevalenza della norma dell’Unione incontra il solo limite dei principi strutturali del nostro sistema e dei diritti fondamentali della persona, limite di fatto fino ad oggi rimasto sulla carta, risolvendosi in una ipotesi di scuola” (“Diritto dell’Unione europea”, cap. II, pag. 223).
Se ovviamente concordiamo con la prima parte dell’affermazione (che ricalca, con minor rigore, quanto comunque già affermato da Mortati e dalla stessa Corte costituzionale italiana), abbiamo invece qui già dissentito dalla seconda parte, dimostrando come, da parte dei vincoli europei, la violazione ampia, sistematica e reiterata di “principi strutturali e diritti della persona”, quali espressi dalla nostra Carta costituzionale, sia ben lungi dall’essere un “caso di scuola”.
Ma se qualche dubbio poteva sussistere, – e peraltro permane, attesa la difficoltà di definire e stimare correttamente l’impatto socio-economico dell’euro e di Maastricht da parte della nostra Corte costituzionale – la decisione della Corte costituzionale portoghese smentisce nettamente l’idea che si possa trattare di un “caso di scuola”.
Il Portogallo, e la sua civiltà giuridica della democrazia vivente, hanno battuto un colpo sulla campana della Storia. Un battito di ali della farfalla della libertà democratica che, speriamo, possa innescare il travolgimento della follia distruttiva, dell'”odio per l’umanità” che pervade l’Europa.
Un odio che ha la stessa matrice di quello che aveva caratterizzato i totalitarismi che hanno messo a ferro e fuoco l’Europa, in un passato non abbastanza lontano da meritare un oblio sempre più inquietante: come quello che gli riserva una governance UEM, che sarebbe più degna di sedere a fianco dei grandi tiranni della Storia, solo in una versione più grigia, squallidamente burocratica, ammantata di una lucida follia distopica, proprio come i “contabili” di “Cuore di Tenebra”.
A conferma di questa lucida follia incapace di mediazioni e di autocritica (caratteristica delle psicosi collettive che frantumano ogni senso razionale della condizione umana), la reazione della Commissione Europea alla sentenza della Corte Costituzionale portoghese ha avuto il seguente tenore [mia la traduzione]:
“La Commissione Europea si compiace che a seguito della decisione della Corte Costituzionale Portoghese sulla legge finanziaria 2013, il Governo portoghese ha confermato l’impegno a ristabilire il programma sia nei tempi che negli obiettivi fiscali. Ogni deviazione dagli obiettivi, o la loro rinegoziazione, vanificherebbe gli sforzi fin qui fatti dai cittadini portoghesi, in particolare la crescente fiducia degli investitori, prolungando le difficoltà del consolidamento.
La Commissione quindi confida che il Governo portoghese identifichi rapidamente le misure necessarie ad adattare il budget 2013 in modo che rispetti gli obiettivi fiscali come richiesti dal Governo portoghese e sostenuti dalla Troika nella settima revisione del programma. La continua e determinata implementazione del programma costituisce il miglio modo per ripristinare una crescita economica sostenibile e migliorare le prospettive di impiego in Portogallo. Allo stesso tempo, è la precondizione per decidere di prolungare le scadenze dell’assistenza finanziaria, ciò che faciliterebbe la riammissione del Portogallo al mercato finanziario e il raggiungimento degli obiettivi. La Commissione auspica che tale decisione sia presa al più presto.
La Commissione continuerà a cooperare costruttivamente con le autorità portoghesi per alleviare, nei limiti dei parametri concordati, le conseguenze sociali della crisi.
La Commissione sottolinea che un forte consenso sul programma contribuirà al successo della sua realizzazione. In proposito, è essenziale che le istituzioni politiche chiave del Portogallo siano unite nel supportarlo.”
L’unica cosa che conta è che l’impegno sia ripreso nella misura e nei tempi programmati e che la “fiducia degli investitori” sia ripristinata nei termini che possano dare un senso agli “sforzi” (!) dei cittadini portoghesi: altrimenti non sarà garantito il prolungamento dell’assistenza finanziaria che possa consentire al Portogallo il “ritorno ai mercati finanziari”. Naturalmente questo al fine di ottenere una “crescita economica sostenibile”.
La totale cecità di queste parole, che ignorano che sussista una drammatica recessione e che il loro “programma” non sia altro che il mezzo per garantirne la prosecuzione a danno dei cittadini portoghesi, i cui diritti sono così massicciamente violati, non ha bisogno di commenti. Non una parola è detta sulla violazione della Costituzione: è un piccolo danno collaterale della “crescita sostenibile” e della “fiducia dei mercati finanziari”.
Insomma, non è successo nulla: la guerra finanziaria totale contro i popoli e le Costituzioni “continua”. E già il Governo portoghese annuncia, in sostituzione agli 1,3 miliardi non più rastrelllabili per via della sentenza della Corte Costituzionale, nuovi tagli a sanità, pubblica istruzione e servizi pubblici: “non abbiamo scelta: è un’emergenza nazionale”.
Surrender! Resistance is futile.
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