Two-pack: un altro doppio pacco sull’euro-paradiso

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Segnalo su Il Sussidiario.net l’intervista di Pietro Vernizzi a Claudio Borghi in merito alla ratifica delle due norme (Two-pack) che consentono l’ulteriore rafforzamento del Patto di Stabilità, grazie al maggior controllo preventivo da parte della Commissione sui bilanci nazionali.
Il Two-pack, che segue e consolida il Six-pack, aumenta i poteri della Commissione per quanto riguarda:

a) Il monitoraggio e la valutazione delle pianificazioni di bilancio (la nostra vecchia legge finanziaria, ora legge di stabilità) degli stati membri dell’euro-zona,  allo scopo di controllarne l’attendibilità e correggerle ove presentassero potenziali rischi di sforamento dei parametri;

b) I poteri di sorveglianza e le procedure speciali di intervento nei confronti dei paesi eurozona minacciati o colpiti da difficoltà finanziarie.

L’accordo con il Parlamento europeo è stato raggiunto il 20 febbraio, e necessita della (scontata) approvazione dell’Europarlamento per diventare operativo. Il voto è previsto il prossimo marzo.

Secondo il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, si tratta di “un passo avanti notevole“. Il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan ha affermato trattarsi di “un elemento chiave dell’architettura economica europea”.

Ai primi di ottobre dello scorso anno, il presidente del Consiglio Europeo Gollum Van RompuyVan Rompuy aveva dichiarato: “Nei prossimi mesi andremo a toccare il tabù della sovranità e della solidarietà“.
Tanto per dire che non minacciano a vuoto.

Secondo Borghi la normativa, con il pretesto di cautelarsi dal moral hazard degli stati cicala, permette ulteriori ingerenze nei bilanci nazionali da parte della Commissione europea, [un’istituzione auto-referenziale non democraticamente eletta, i cui criteri e le cui decisioni – nonostante incidano in modo determinante nella vita dei cittadini – sono insindacabili].

E poiché a bilanciare questa ancor più cogente normativa non vi è alcuna contropartita – quale ad esempio la messa in comune del debito – di nuovo sorge il dubbio di legittimità costituzionale, visto che l’art.11 è ancora in vigore:

L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni[…]“.

[E a proposito, dettaglio non da poco: le poche volte che si affronta questo argomento si insiste nel parlare di “cessione” di sovranità, quando la Costituzione fa riferimento solo e unicamente al termine “limitazione“…].

Lo scambio tra cessione di sovranità e messa in comune del debito, osserva Borghi, non sarebbe comunque soddisfacente dal punto di vista funzionale perché non correggerebbe di per sé il problema delle asimmetrie economiche fra i paesi eurozona. Un sistema basato sui trasferimenti fiscali [peraltro difficili da ipotizzare nel contesto attuale, stante anche le cifre in gioco – come calcolato da J. Sapir in “Le coût du fédéralisme dans la zone Euro] e senza flessibilità di cambio tende ad ampliare la disomogeneità delle aree valutarie che lo compongono, condannando i paesi cosiddetti Piigs a una condizione di meridionalizzazione (diventare “la Calabria d’Europa”) – un fenomeno che affligge l’Italia al proprio interno dai tempi dell’unità.
Collaborazione, solidarietà, convergenza economica, sono concetti che nell’eurozona sembrano trovare difficile attuazione. Quelle forche caudine sotto cui i paesi periferici sono obbligatoriamente tenuti a passare per scontare le loro difficoltà, scompaiono quando tocca ai paesi core: “Ne abbiamo avuto la riprova questa settimana, quando a fronte di risultati non entusiasmanti dell’economia francese e in parte anche tedesca, all’improvviso le “intoccabili” regole di bilancio sono diventate più flessibili“.

La situazione, sostiene Borghi, è tanto più grave in quanto non si intravede un leader italiano capace di imporsi al tavolo europeo per difendere gli interessi italiani. Monti ha ribadito a più riprese la sua ideologia eurocentrica, che lo rende di fatto “asservito” alla Germania. Bersani si culla  nell’illusione di una salvifica (e nient’affatto  certa) vittoria socialdemocratica alle prossime elezioni tedesche [così come si era cullato nell’illusione del salvifico avvento di Hollande in Francia]. Quanto a Berlusconi “l’unica carta che posso riconoscere in più al Cavaliere rispetto agli altri candidati è la sua lucida follia. Dal momento che Berlusconi è imprevedibile e istintivo, rispetto a due leader come Monti e Bersani che saranno sicuramente asserviti a qualsiasi posizione tedesca, può anche darsi che il cavallo imbizzarrito scarti”. Andiamo bene.

Ma peggio ancora – aggiungo io – lo stesso vuoto lo vediamo negli altri paesi periferici, fra i cui leader non ce n’è uno che finora abbia avanzato la proposta di una coalizione: ognuno procede per proprio conto, ciascuno alla mercé della propria debolezza e ricattabilità. L’idea di un fronte comune è così ovvia che appare incredibile come non sia ancora balenata nella zucca di qualcuno. Talmente incredibile che mi chiedo se davvero i cosiddetti leader stiano cercando di operare per gli interessi delle nazioni che dovrebbero tutelare o non agiscano piuttosto secondo precisi mandati extra-nazionali.

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Informazioni su Mauro Poggi

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4 risposte a Two-pack: un altro doppio pacco sull’euro-paradiso

  1. stefano fait ha detto:

    Non è l’euro che bisogna combattere, ma la Merkel e i suoi complici che promuovono il modello economico tedesco (thatcheriano):
    1. Mantenere il tenore di vita dei cittadini tedeschi nel loro complesso in sostanziale e costante declino (i redditi medi reali sono scesi del 4,5% tra il 2000 ed il 2010, mentre l’economia è cresciuta);
    2. Far crollare quello delle fasce povere (redditi reali per il 20% più povero in diminuzione del 16% tra il 2000 ed il 2010);
    3. Far aumentare la disuguaglianza (record tedesco tra il 1990 ed il 2010, con un aumento di ben 4 punti nel coefficiente di Gini);
    4. Avere un boom di “mini” posti di lavoro a tempo determinato che offrono pochi diritti, nessuna sicurezza e nessun potere contrattuale;
    5. Avere un boom del numero di lavoratori la cui sopravvivenza, a causa dei loro bassi redditi, dipende dal welfare finanziato dai contribuenti;
    6. Ridurre sensibilmente i consumi interni attraverso queste misure;
    7. Aumentare le esportazioni attraverso le suddette misure (costo del lavoro in caduta in conseguenza del fatto i salari non hanno tenuto il passo con la produttività o l’inflazione);
    8. Avere una moneta il cui valore non riflette la forza competitiva del paese (dal momento che è svalutata come risultato della depressione economica degli altri membri dell’unione);
    9. Insistere sul dimagrimento dello stato, i tagli ai servizi pubblici ed al welfare, la privatizzazione e ‘liberalizzazione’ del mercato del lavoro in altri stati membri. Insistere su tutto questo a prescindere dalle circostanze in cui si trova ad operare il governo sotto pressione (che sia la Grecia in deficit disastroso o l’Irlanda che aveva un bilancio in attivo fino al collasso bancario: pari sono);
    10. Cercate di bandire per sempre qualunque politica economica che non sia neoliberista, indipendentemente dalla volontà popolare o degli stessi governi e parlamenti, insistendo sulla verifica ed approvazione dei bilanci da parte delle autorità europee e sull’austerità,a prescindere dalle conseguenze per le popolazioni (es. disoccupazione giovanile sopra il 50%);

    Se ci fosse una vera socialdemocrazia al potere in Europa non saremmo qui a discutere se uscire dall’eurozona, perché le riforme e gli aggiustamenti necessari sarebbero già una realtà.
    Comunque gli indicatori tedeschi stanno volgendo tutti al peggio. Cadranno dal pero e si sveglieranno.

  2. Mauro Poggi ha detto:

    Direi che siamo d’accordo su ognuno dei punti che hai elencato.
    Quel “se ci fosse una vera socialdemocrazia ecc” comporta un grosso, enorme SE.
    Personalmente non sono ideologicamente contrario all’Euro, vi sono contrario tecnicamente. Le ragioni le conosci, sono tutte di ordine tecnico legate alle problematicità dell’aggancio a una valuta forte da parte di paesi deboli. La soluzione dei trasferimenti fiscali è poco plausibile sul breve termine, visto lo “spirito di solidarietà” che le nazioni manifestano (se vai al link di Sapir vedrai di che cifre stiamo parlando), e sul medio termine il nostro assetto produttivo è destinato a sparire o diventare una succursale a buon mercato dei paesi core. Sono anzi convinto che sia questo il disegno.
    Sul piano ideologico invece sono totalmente contrario a questa Europa, che ripeto: è antidemocratica, antisociale, e sta fomentando rivalità che speravamo superate. So che sei convinto di poterla cambiare dal di dentro, ma intanto ogni nuova procedura – come quella descritta – è un tassello in più che consolida il sistema autoritario che si è andato auto-generando.
    Credo di avercela tanto con questa Europa proprio perché tradisce clamorosamente l’idea che ne avevo, la stessa – lo so benissimo – che avevi tu.

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